liena e popolazione umana si fanno sempre più : la prima stanca di vivere segregata in un enorme recinto, la seconda insofferente verso esseri tanto diversi. Viene pertanto deciso di spostare gli alieni in una zona più distante dalla città. Il "trasloco" viene commissionato alla Multi-National United, compagnia bramosa di mettere le mani sulle tecnologie aliene, che a sua volta affida le redini dell'operazione all'impacciato Wikus Van De Merwe (Sharlto Copley). Durante i lavori nel "district 9" però Wikus ha un incidente e il suo DNA viene contaminato. Si verifica in lui una progressiva mutazione aliena, dunque viene letteralmente sequestrato dalla sua stessa compagnia per una serie di test scientifici. Per evitare una fine orribile, Wikus fugge e si rifugia proprio nel "dictrict 9".
L'opera prima del giovane regista Neill Blomkamp, forte della produzione del "signore degli Anelli" Peter Jackson, prende spunto da un cortometraggio dello stesso Blomkamp datato 2005. Esordio rumoroso il suo. Raffigurare l'alieno, classicamente conquistatore nel panorama fantascientifico, come una creatura soggiogata, alla mercè degli umani, è già un buono punto di partenza (attenzione però che l'idea pare esser già di moda. Chiedere nei prossimi mesi a mister James Cameron…). Far poi "passare" lo spettatore dalla parte del peggior nemico dell'umanità, grazie al banalissimo, ma pur sempre efficace espediente della metamorfosi cronenberghiana ("La Mosca" docet), è il modo migliore per mettere in risalto il nucleo morale, che è poi il cuore pulsante, della pellicola: la tematica della discriminazione, del razzismo, del timore per il diverso. E che diverso! Blomkamp pare sproni lo spettatore ad andare oltre l'aspetto fisico e a riconoscere nello straniero quella parte più nascosta che tutti accomuna. Peccato che, nella seconda parte del film, il regista strizzi l'occhio alla platea amante di smitragliate e fuochi d'artificio, e faccia scivolare tutto in uno sparatutto splatter che, sebbene supportato da importanti effetti speciali, porta alla mente decisamente più i videogame che il cinema d'autore. E insistendo inoltre troppo nella formula "documentaristica", anche in contesti non del tutto consoni. La prova è, alla resa dei conti, comunque di spessore, e non possiamo far altro che annotarci il nome di questo ragazzo, nella speranza che nel futuro ci riservi buone sorprese…
VOTO: 6,5