VI PRESENTIAMO… IL CERVELLO-EMOZIONE

di Susanna Benassi -Terza parte- Intervista al Dr. Claudio Lucetti , Neurologo e dirigente medico presso l’U.O. di Neurologia dell’ospedale Versilia.
Abbiamo affrontato molti aspetti del cervello e del suo funzionamento, ma abbiamo tralasciato il lato “emotivo”. Che legame c’è tra il cervello e l’emozione?
Il tema delle emozioni è senza dubbio uno dei più ampi e dibattuti nell’ambito delle neuroscienze.Certamente, è nota la presenza di un così detto “cervello emotivo” costituito da quelle strutture profonde deputate alla elaborazione delle emozioni e alle risposte più o meno complesse da queste evocate. Questa attività, da sempre contrapposta a quella razionale, è rappresentata, in qualche modo, dalle risposte più istintive e “viscerali” dell’uomo.Nella nostra vita quotidiana “trasudiamo emozioni” che possono essere lette ed interpretate da chi è esperto del linguaggio del corpo: l’argomento è di attualità ed è utilizzato per esempio in serie televisive poliziesche come “Lie to me” o “The mentalist”.
Può farci qualche esempio di risposta istintiva?
Si pensi alla mimica facciale e alle svariate configurazioni che i nostri muscoli facciali sono in grado di adottare per indicare sentimenti di gioia, dispiacere, o ira; alle reazioni del nostro sistema vascolare periferico, vasocostrizione (pallore) causate da una cattiva notizia,o vasodilatazione (rossore) in risposta ad una situazione imbarazzante.Fin qui abbiamo parlato delle risposte forse più evidenti, ma sono presenti anche modificazioni meno evidenti, come i cambiamenti che si verificano nella secrezione di ormoni e altre sostanze.La tecnologia e la ricerca sono riuscite ad individuare aree o meccanismi riferibili a questo tipo di attività psichiche?
Vediamo di ripercorrere velocemente come si è arrivati a comprendere quali strutture anatomiche cerebrali sono coinvolte nell’”elaborazione” delle emozioni. Negli anni trenta il neurologo americano James Papez avanzò l’ipotesi di un “sistema emozionale” rappresentato dal sistema limbico. Secondo Papez,l’ipotalamo fungeva da centro modulatore, mentre la corteccia cingolare era implicata in una più complessa elaborazione delle emozioni. Tale modello si è successivamente affinato ed arrichito di altre componenti, una di queste è l’amigdala, situata nel polo del lobo temporale che nel corso del tempo ha assunto un ruolo sempre più centrale nell’elaborazione delle risposte emozionali.
Ma allora, in che modo passiamo da emozioni primordiali a emozioni più complesse?
E’ chiaro che il progressivo sviluppo della corteccia nella scala evolutiva ha fatto si che sia si sviluppata una maggior “corticalizzazione “ del sistema emozionale con una conseguente maggiore integrazione del sistema emozionale con il sistema cognitivo.Ossia, la corteccia, nel tempo ha via, via assunto un ruolo sempre più predominante nella “gestione”delle emozioni e questo ha permesso un conseguente sviluppo delle funzioni di controllo delle stesse.A seguito di questo arricchimento, quel piccolo numero di reazioni automatiche e primitive, che costituiva il nucleo operativo delle emozioni fondamentali (paura, rabbia, disgusto) si inserisce in un contesto più vasto di valori e di norme dando vita al complesso e variegato repertorio delle emozioni umane.
Cos’è l'”intelligenza emotiva?
Oggi si parla di intelligenza emotiva per identificare quella capacità di riconoscere, comprendere e gestire in modo consapevole le proprie ed altrui emozioni.
Quindi, l’origine delle emozioni è nel cervello ? E i sentimenti?
Per quanto siano stati tracciati a grandi linee i circuti per cui passano le nostre emozioni, la comprensione del processo, in tutta la sua complessità, è ancora lungi dall’essere chiarita. Il rischio che si corre altrimenti, è quello di assumere posizioni “riduzionistiche, ossia attribuire un carattere essenzialmente biologico a funzioni mentali di estrema complessità come le emozioni. I sentimenti non sono una mera “espressione chimica”, ma il frutto di una complessa alchimia che tiene conto non solo delle esperienze individuali, ma anche dell’influenza proveniente dal contesto storico-sociale.Noi siamo ciò che abbiamo vissuto e il nostro vissuto e’ un insieme di istinti primordiali, mediati in maniera del tutto soggettiva,dalla nostra parte razionale che “pesca” e si nutre nel mare di una propria conoscenza,formata da esperienze in gran parte influenzate da regole e modelli provenienti dall’esterno.Mi piace pensare che sebbene l’aspetto emotivo dell’uomo sia in prima istanza nel suo cervello, il cuore giochi ancora un ruolo come sede delle emozioni più complesse.
Qual’e’ la sfida delle neuroscienze nello studio dei meccanismi dell’attività mentale?
La sfida delle neuroscienze, per quanto riguarda la comprensione dell’attività mentale è appena cominciata. Dal punto di vista filosofico, le neuroscienze si trovano in un paradosso di circolarità: il cervello umano indaga su se stesso ed è al tempo stesso soggetto ed oggetto di studio.Sono fiducioso che quel chilo e mezzo di sostanza gelatinosa sede di tutto quel complesso mondo interiore che comprende mente, spirito e anima, prima o poi, sappia dare una risposta.
Note Biografiche
Il Dr. Claudio Lucetti e’ nato il 19.07.1965 a Carrara (MS), si è laureato in Medicina e Chirurgia presso Università di Pisa nel 1993 e nel 1998 ha acquisito la specializzazione in Neurologia presso la medesima Università.Nel periodo successivo alla specializzazione ha lavorato presso la Clinica Neurologica di Pisa come assegnista di ricerca fino al 2002. Nel 2007 ha conseguito il dottorato di ricerca in “Esplorazione molecolare, metabolica e funzionale del sistema nervoso e degli organi di senso”. Dal 2004 lavora come dirigente medico presso l’U.O. di Neurologia dell’ospedale “Versilia”.E’ autore e co-autore di 50 pubblicazioni scientifiche indexate su medline. Nel corso degli anni ha partecipato come “investigator” a vari protocolli con farmaci sperimentali per il trattamento della Malattia di Parkinson e delle demenze.Per quanto concerne gli aspetti scientifici, nell’ultimo periodo, l’interesse si è rivolto soprattutto allo studio dei pazienti con Malattia di Parkinson con le innovative tecniche di neuroimmagine fornite dalla voxel-based morphometry e dalla risonanza magnetica funzionale. Questo è stato reso possibile grazie alla collaborazione con l’U.O. di radiologia dell’ospedale “Versilia” e con l’Università di Firenze e parte dei risultati emersi sono stati oggetto di relazioni a congressi sia italiani che internazionali.

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