di Susanna Benassi Difficile che un’immagine non corrispondente ai canoni standard di bellezza che siamo abituati a pensare e condividere, abbia il potere di catturare la nostra attenzione, tanto da obbligarci ad indugiare, a scandagliare ogni particolare, alla ricerca di quel misterioso “qualcosa” che ci attrae irrimediabilmente, ma che non riusciamo ad identificare.Eppure, questo e’l’effetto che produce sullo spettatore attento, l’arte di Lucian Freud (Berlino, 8 dicembre 1922 – Londra, 21 luglio 2011). Nipote di Sigmund Freud si trasferisce nel 1933 nel Regno Unito e ottiene qualche anno più tardi la naturalizzazione britannica. E’ considerato l’inventore del ritratto moderno e del nudo.Il suo stile, e’ personale,realista senza dubbio, ma con tratti stilisticamente espressionistici. I suoi dipinti,sono tra i più quotati nel panorama dell’arte contemporanea.Il “Benefits supervisor sleeping’ (‘L’ispettrice dei sussidi addormentata”) dipinto nel 1995 e’ stato venduto all’asta newyorkese di Christie’s del 2005, per circa 34 milioni di dollari ( 22 milioni di euro). Quotazione record per la vendita di un’opera di un artista in vita. I suoi soggetti, principalmente nudi di uomini e donne ,ritratti nella loro cruda e spesso decadente forma corporea,di primo acchito rimandano a sensazioni di violento fastidio, disturbanti. L’occhio quasi si offende nel mettere a fuoco tanto sfacciato realismo di carni debordanti e flaccide, cadenti,increspate,vittime dell’erosione del tempo, di pose istintive, animalesche che non conoscono pudore. La ragione, il senso estetico, entrano in conflitto con una sorta di inspiegabile magnetismo ipnotico che non consente di tirare le somme ed emettere un giudizio definitivo.Ci piace oppure no, ciò che stiamo osservando? Non lo sappiamo. Certo,la donna dipinta sulla tela (“Benefits supervisor sleeping’ -‘L’ispettrice dei sussidi addormentata”) come un ammasso confuso di carni rilassate,su un divano sfondato, di per se’ non ci piace, anzi, ci disgusta ci turba,ma per qualche misteriosa ragione, al contempo ci attrae. Non pare sofferente della sua condizione fisica poco attraente, ma consapevole, forse rassegnatamente a suo agio. Lucient Freud era solito sottolineare: “voglio che la mia pittura sia carne”. Il suo intento non era tanto quello di far emergere la personalità di un soggetto a tutto tondo,ma la sua corporeità, il suo “essere animale”e istintivo, perché l’uomo,spogliato dei suoi abiti non è diverso da un animale. L’essere umano colto nella sua nudità, nella sua sola “pelle”,rilassato,al sicuro da occhi indiscreti manifesta la sua vera natura. Ed e’ forse questa la chiave che rivela il motivo di tanta attrazione nei confronti delle sue opere e la fama che attraverso di esse si è saputo conquistare nel mondo dell’arte. I suoi soggetti ci affascinano oltre il buonsenso, perché in loro riconosciamo, o meglio, intuiamo istintivamente, una parte di noi che abbiamo rinnegato , respinto gradualmente in un angolo e nascosto sotto strati di regole, perbenismi, e rituali falsamente illusori. Noi siamo esseri ambivalenti, in lotta perenne tra istinto e ragione,tra forma e sostanza, impegnati e solerti a tentare trovare un punto d’incontro tra ciò che siamo,e ciò che vorremmo essere.