di Susanna Benassi In condizioni normali il nostro peso corporeo è geneticamente regolato intorno al cosiddetto “peso naturale”, ossia il peso che una persona riesce a mantenere senza particolari sforzi da un punto di vista dietetico e di abitudini particolari (come ad esempio un esercizio fisico intenso). In sostanza il peso oscilla fisiologicamente di 2-3 kg intorno ad un punto fisso ed è regolato da una sorta di “termostato” situato nell’ipotalamo: una serie di meccanismi fisiologici si oppone ad eventuali tentativi di modificarlo.Intervista al Dr. Luca Maggi, Psichiatra e PsicoterapeutaCosa succede quando interveniamo tentando di cambiarlo?Il nostro cervello dal punto di vista delle regolazioni di base è rimasto primordiale ed è naturalmente predisposto ad accumulare riserve. Se una persona si ostina a mantenere un peso notevolmente inferiore al suo peso naturale (sottopeso) il centro della fame nell’ipotalamo la bombarderà di stimoli a livello fisico e cognitivo, ovvero, dovremmo convivere con una persistente sensazione di fame, dolori addominali, difficoltà digestive, debolezza ed i nostri pensieri saranno prevalentemente incentrati sul cibo e su come fare a procurarselo. Inoltre, questo aumenta notevolmente il rischio di perdere il controllo ed abbuffare.Possiamo spiegare meglio il meccanismo, attraverso un esempio?Molti hanno seguito il programma televisivo “L’isola dei famosi”, dove un gruppo di persone si sottopone volontariamente ad una convivenza forzata in un’isola sperduta con una dieta estremamente restrittiva e scarsamente variegata. Ciò comporta nei partecipanti, un rapido calo ponderale, fame, aumento dell’irritabilità, litigiosità ed una polarizzazione ideativa sul cibo per la maggior parte della giornata. Il programma prevede premi costituti dalla possibilità di alimentarsi liberamente in un certo lasso di tempo: nella maggioranza dei casi, le persone si abbuffano mangiando in maniera caotica tutto ciò che è a portata di mano. Questo esempio illustra bene la sintomatologia che si osserva nelle persone sottopeso ed i meccanismi messi in moto dal nostro organismo in condizioni di severa restrizione calorica.Come si stabilisce, tenendo presente quanto detto, il nostro peso naturale?Il parametro che viene utilizzato di routine per la classificazione del peso è l’Indice di Massa Corporea (IMC): il rapporto tra il peso espresso in kg e l’altezza espressa in metri al quadrato.Possiamo fare un esempio?Una persona normopeso, nella nostra cultura ha un IMC compreso tra 20 e 24.9. Per esempio, una ragazza alta 1,62 m di 54 kg ha un IMC di 20.6 (normopeso). Tra 18.5 e 19.9 siamo in una condizione di normopeso basso, tra 17.5 e 18.4 entriamo nel sottopeso. Un valore inferiore a 17.5 corrisponde ad un sottopeso significativo. La necessità di un ricovero specialistico si presenta quando l’IMC è inferiore a 14.5, soprattutto se il calo è avvenuto rapidamente. All’opposto un IMC tra 25 e 29.9 corrisponde ad un sovrappeso e quando supera 30 entriamo in una condizione di obesità.Attraverso quali studi di ricerca si è arrivati a capire questo genere di patologie?Lo studio più frequentemente citato è stato condotto negli anni ‘40 all’Università del Minnesota ed aveva lo scopo di capire gli effetti della fame sull’uomo e come assistere le vittime della carestia durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale.Su 100 soggetti di sesso maschile considerati sani, che volontariamente scelsero di aderire come alternativa al servizio militare, ne furono selezionati 36 considerati sani dal punto vista psicologico. Nei primi tre mesi gli è sperimentatori li lasciarono liberi di nutrirsi studiando le loro abitudini alimentari e lo stile relazionale. Nei 6 mesi successivi vennero tutti sottoposti ad una restrizione dietetica calorica fino a perdere il 25% del loro peso iniziale. In questo periodo tutti svilupparono una sindrome da denutrizione con cambiamenti non solo a livello fisico ma anche psicologico e relazionale, in particolare, le abitudini alimentari cambiarono con un allungamento enorme della durata dei pasti, una continua ingestione durante il giorno di liquidi e di caffè, un aumento del consumo di sigarette, inoltre, il pensiero era assorbito da preoccupazioni riguardanti il cibo, tanto che gli interessi si spostarono da quelli tipici dei giovani maschi all’alimentazione, ai libri di cucina e alle ricette.Quali sono stati i risultati più rilevanti di questa sperimentazione?Quattro soggetti si ritirarono e tra questi alcuni svilupparono addirittura sintomi psicotici. Comuni erano le modificazioni emotive con depressione, ansia, brevi episodi di euforia e irritabilità, il deficit della concentrazione e della memoria, i disturbi del sonno, la stanchezza, il disinteresse, il calo della libido e la tendenza ad isolarsi. In alcuni casi ci furono episodi di discontrollo con abbuffate seguite da sensi di colpa. Nella fase finale dello studio (3 mesi) i partecipanti furono gradualmente riportati al normale regime dietetico e molti sperimentarono tendenza all’iperalimentazione e una serie di disturbi digestivi come sensazione di troppo pieno, dolori addominali e difficoltà digestive. La maggior parte degli individui inizialmente raggiunse un peso di circa il 10% maggiore rispetto al loro peso iniziale per poi recuperare il peso naturale nei mesi successivi. A dimostrazione della persistenza delle modificazioni psicologiche alcuni dei partecipanti scelsero la professione di cuoco nella vita. Questo studio per le ovvie implicazioni etiche non è stato ripetuto e rimane un caposaldo degli effetti psicologici, comportamentali e relazionali che la denutrizione provoca sull’uomo e ci ha consentito di comprendere meglio i meccanismi che s’instaurano nei disturbi dell’alimentazione (DA).Cosa accade alle persone affette da un Disturbo dell’alimentazione?Le persone affette da un DA tendono ad opporsi a questo meccanismi fisiologici, generalmente mirando al raggiungimento ed al mantenimento di un peso significativamente inferiore rispetto al loro peso naturale. Ciò comporta uno sforzo notevole e lo sviluppo di una serie di comportamenti disfunzionali che poi tendono a mantenersi.Quali sono a grandi linee le motivazioni che svilupperemo nel dettaglio trattando singolarmente i vari disturbi, che inducono un DA?Le motivazioni sono diverse e, in maniera riduttiva, possiamo riassumerle in fattori predisponenti, fattori precipitanti, e fattori perpetuanti o di mantenimento.Nei fattori predisponenti comprendiamo la cultura, la famiglia e gli aspetti psicobiologici individuali che portano ad una rappresentazione di sé prevalentemente incentrata sul peso e l’aspetto corporeo. Questo rappresenta il fattore di vulnerabilità sul quale possono incidere, attivando il disturbo, i fattori precipitanti. Tra questi gli eventi più comuni sono rappresentati da commenti negativi sul peso e l’immagine corporea, una dieta, un lutto, una separazione genitoriale, i trasferimenti, la fine di una storia sentimentale, etc. I fattori di mantenimento sono sia di natura biologica sia psicologica e comportamentale e li affronteremo trattando i vari disturbi alimentari.In base a quali sintomi si pone una diagnosi di DA?Accanto alla classificazione internazionale (vedi Tabella pubblicata in calce) sul piano clinico e terapeutico, i disturbi dell’alimentazione condividono lo stesso nucleo psicopatologico che è rappresentato dall’eccessiva valutazione del peso, forma del corpo e controllo dell’alimentazione. Una valutazione del sé eccessivamente incentrata su questi aspetti porta ad una marginalizzazione di altre aree importanti della nostra vita. Spesso in terapia questa marginalizzazione viene rappresentata con la “torta dei bisogni”: quella di un individuo normale contiene tante fette diversamente colorate che rappresentano la famiglia, gli amici il lavoro, gli hobbies, etc. Un soggetto affetto da DA ha una torta che somiglia ad un “pac-man” con una fetta del 80-90% rappresentata dal controllo del peso e dell’alimentazione che si “mangia” tutte le altre. Per rendere l’idea è come se una persona investisse tutti i propri risparmi in un unico titolo di borsa con conseguente oscillazione dell’umore e dei livelli di autostima in rapporto alle fluttuazioni del titolo.Con quale frequenza si presentano i DA nella nostra società?Rifacendosi ai dati pubblicati nel luglio 2013 dal Ministero della salute (Quaderni del Ministero della Salute, n. 17, 2013: Appropriatezza clinica strutturale e operativa nella prevenzione, diagnosi e terapia dei disturbi dell’alimentazione), la prevalenza nell’arco della vita dei DA è dello 0,9% per l’anoressia nervosa, dell’1,5% per la bulimia nervosa e del 3,5% per il BED tra le donne e rispettivamente dello 0,3%, dello 0,5% e del 2% per gli uomini. I DA sono quindi una patologia rappresentata prevalentemente nel sesso femminile: gli uomini sono il 5-10% di tutti i casi di AN, il 10-15% dei casi di BN e il 30-40% dei casi di BED.NOTA:DIAGNOSI/CLASSIFICAZIONE DEI DA > Per la classificazione dei Disturbi dell’Alimentazione ci rifaremo al Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, V Edizione (DSM-V, 2013). > Anoressia Nervosa (AN): > 1) eccessiva valutazione delle forme e del peso corporeo, con valutazione del Sé quasi esclusivamente centrata su forme, peso del corpo e sulla capacità di controllarli; > 2) Mantenimento volontario di un peso inferiore all’85% di quello previsto per l’età o di un IMC inferiore a 17.5 (incapacità di raggiungere il peso previsto durante lo sviluppo); > Sottotipo con restrizione o con abbuffate e condotte eliminatorie. > Bulimia Nervosa > 1) eccessiva valutazione delle forme e del peso corporeo, con valutazione del Sé quasi esclusivamente centrata sulle forme e peso del corpo e sulla capacità di controllarli > 2) Abbuffate ricorrenti (oggettive e con perdita di controllo) > 3) Comportamento di estremo controllo del peso (meccanismi di compenso) > Disturbo da alimentazione incontrollata (Binge Eating Disorder – BED) > 1) Ricorrenti abbuffate in assenza di meccanismi di compenso con conseguente aumento ponderale. > Disturbi Non Altrimenti Specificati (DA-NAS) > Comprendono soprattutto forme “atipiche” oppure “sottosoglia” dei disturbi sopra menzionati. >