di SUSANNA BENASSI
Il DOC è uno dei più comuni disturbi d’ansia e interessa il 2,5%, circa, della popolazione di entrambi i sessi. Si stima che su cento bambini che nascono tre svilupperanno il disturbo. Può presentarsi nell'infanzia come nell'età adulta, ma solitamente si manifesta prima dei 25 anni di età. È un disturbo invalidante che se non ben curato tende a cronicizzare.
Intervista di Susanna Benassi Rebechi al Dott. Gaspare Costa, Psicologo/Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale.
Che cos'è il DOC?
Secondo il DSM IV -TR (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) il DOC è un disturbo d’ansia caratterizzato dalla presenza di ossessioni e/o compulsioni ricorrenti tali da assorbire una considerevole quantità di tempo ( più di un ora al giorno) e compromettere le normali attività quotidiane.
I pazienti hanno riconosciuto che nel corso del disturbo le ossessioni o le compulsioni sono eccessive e/o irragionevoli.
Si conoscono le cause di questa malattia?
Lo studio dei possibili fattori eziologici del DOC rappresenta uno degli argomenti centrali e affascinanti della moderna ricerca nel campo della salute mentale. Sembra assai probabile che si tratti di un disturbo a eziologia complessa in cui intervengono fattori biologici, ambientali ed esperenziali, a diversi livelli. Recenti studi di matrice cognitivo comportamentale hanno messo in evidenza l’ipotesi che gli individui affetti da DOC hanno come chiunque pensieri intrusivi ma attribuiscono loro un’importanza esagerata.
Qual è il motivo per cui queste persone attribuiscono più importanza alle ossessioni rispetto a coloro che non lo fanno?
A differenza degli individui che non presentano il disturbo pur avendo dubbi e pensieri intrusivi, ma ben tollerati, gli individui ossessivi manifestano alcune tipiche disfunzioni cognitive che alterano il significato e l’importanza dei pensieri. Per esempio, sovrastimano il rischio di una particolare minaccia, sovrastimano la loro responsabilità in relazione a presunti danni, tollerano male l’incertezza e il dubbio, possono attribuire ai pensieri valenze “magiche” inoltre gli ossessivi, spesso, fanno “confusione” tra il pensiero e l’azione rimanendo vittime di un loro caratteristico “errore” cognitivo chiamato 'fusione di pensiero e azione' (TAF). In altre parole, la persona ossessiva “crede” che pensare qualcosa equivalga a farlo e di conseguenza si sente come se l’avesse messo in pratica sviluppando ansia e senso di colpa. Questa 'fusione' che rappresenta una delle cause del DOC è accompagnata dall’escalation dell’ansia e quindi della messa in atto di rituali come soluzione “obbligata” per ridurre lo stato di disagio.
Ci sono altre caratteristiche che definiscono un soggetto affetto da DOC?
Altre importanti caratteristiche “personologiche” dei soggetti affetti dal doc sono rappresentate dalla tendenza al perfezionismo e dall’eccessivo senso di responsabilità che spesso assumono le valenze del senso di colpa deontologico. In genere queste persone, almeno nei confronti di se stessi, presentano una eccessiva rigidità riferita agli standard etico-morali da seguire.
Cosa sono le ossessioni?
Le ossessioni sono immagini, pensieri, idee che s'insinuano nella mente in maniera persistente e vengono percepite come intrusive e inappropriate.
Le compulsioni, invece?
Sono comportamenti ripetitivi ( ad esempio il lavarsi le mani in continuazione, riordinare, controllare) o azioni mentali ( pregare,contare…) che hanno l'obiettivo di prevenire o ridurre l'ansia, il disagio causato dalle ossessioni.
Per quale motivo si manifestano le ossessioni?
Inizialmente, le ossessioni sono normali "prodotti della mente" che possono assumere forme diverse e il cui contenuto è vissuto dalla persona come strano, bizzarro, pericoloso etc., ma in ogni caso molto distanti dall'impronta caratteriale e dai valori etico-morali con cui la persona si identifica. È questa dissonanza accompagnata da un’estrema sofferenza emotiva e dai tentativi della persona di trovare una “soluzione” (contrasto, evitamenti, compulsioni etc.) che paradossalmente trasforma i pensieri in ossessioni.
Quali sono i tipi di ossessioni più comuni?
Il disturbo ossessivo compulsivo è un mostro con molte teste e i contenuti possono assumere diverse forme nel corso del tempo. Le più comuni riguardano l'ossessione da contaminazione, quando si teme di restare contaminati a seguito dell’entrata in contatto con specifiche sostanze (feci, urina, siringhe, sporcizia, prodotti chimici, etc.) o microorganismi ( batteri, virus etc.). Chi è affetto da questa forma di DOC, oltre all'evitamento dei luoghi che ritiene pericolosi, mette in atto rituali come il lavaggio delle mani. Nell'ossessione da controllo c'è invece il porre in essere tutta una serie di strategie compulsive finalizzate a evitare situazioni ritenute pericolose per se stessi e per gli altri. L'ossessione da ordine e simmetria, per cui gli oggetti devono essere sistemati in un certo modo. Un discorso a parte meritano le cosiddette ossessioni "pure", senza apparenti compulsioni comportamentali i cui contenuti possono riguardare tematiche aggressive, sessuali o religiose. Chi
è affetto da questa forma di DOC spesso si vergogna talmente tanto da avere notevoli difficoltà a rivolgersi ad un professionista.
Può farci un esempio di come si esplicita il disturbo?
Immaginiamo una madre a cui improvvisamente si manifesta l’ossessione, in termini di pensieri e/o di immagini, di poter far del male al proprio figlio ( ad esempio durante il bagnetto)… cosa scatterà nella sua mente? Che emozioni proverà? Quali soluzioni adotterà? Possiamo immaginare che la prima reazione sarà di sgomento, “ se penso questo, sono un mostro, le brave mamme non hanno di questi pensieri. in me c’è qualcosa che non va!” A questa interpretazione fanno seguito emozioni quali ansia, colpa, auto disprezzo, depressione che la mamma cercare di lenire facendo delle cose ed evitandone altre.Per esempio, cercherà di non rimanere da sola in occasione del bagnetto, laverà il figlio meno frequentemente o chiederà ad altri di farlo, controllerà tante volte la temperatura dell’acqua,si rassicurerà pensando che è una buona madre, che il figlio è la cosa a cui tiene di più. In sostanza, per lenire l’ansia la signora mette in atto cumpulsioni ed evitamenti.
In che modo le compulsioni "frenano" l'ansia?
Le compulsioni riducono momentaneamente l’ansia che a lungo termine però si cronicizza. Il problema è che il soggetto attribuisce alle compulsioni il potere, spesso magico ed illusorio, di neutralizzare la minaccia innescata dall’ossessione. Nell’esempio di prima, la mamma potrebbe controllare compulsivamente la temperatura dell’acqua con lo scopo di esorcizzare la paura ossessiva che il bambino possa scottarsi. In questo caso esiste un certa logica tra l’ossessione e la compulsione, mentre in altri, come ad esempio il fare tutta una serie di scongiuri per evitare che un nostro caro possa avere un incidente automobilistico, la correlazione è solo illusoria e mette in evidenza l' aspetto ‘magico’ del pensiero..
Perché le compulsioni peggiorano il problema?
Fondamentalmente per tre motivi:il primo riguarda il fatto che l’associazione tra compulsione e riduzione momentanea dell’ansia rinforza l’emissione continua di questa “soluzione” comportando, in termini di tempo, fatica e compromissione della qualità della vita con costi altissimi. In secondo luogo la messa in atto delle compulsioni impedisce di smentire la previsione ossessiva attribuendo la mancata catastrofe proprio all’effetto protettivo del rituale. In sostanza l’ossessivo potrebbe ragionare in questi termini: ‘L’’incidente non c’è stato perché il rituale lo ha protetto”. Pensandola in questo modo non potrà mai verificare l’ipotesi contraria. Un terzo motivo risiede nell’evoluzione dell’ansia: in sostanza, quando l’ossessivo percepisce la minaccia, l’ansia che si innesca è vissuta non solo come intollerabile ma ‘perenne’, di conseguenza mette in atto le compulsioni impedendo la fisiologica riduzione della stessa.
Che tipo di vita conduce una persona affetta da DOC?
Nei casi più gravi c'è una compromissione severa della qualità della vita perché la persona impiega gran parte del proprio tempo a mettere in atto rituali ed evitamenti. Spesso, proprio per la perdita di autonomia, al DOC si associa la depressione che complica ulteriormente il problema.
Come si cura il DOC?
L’argomento della cura è di fondamentale importanza. Fino a 30 anni fa il doc era considerato incurabile, oggi grazie alla moderna ricerca, soprattutto in ambito cognitivo comportamentale, si sono consolidati protocolli terapici la cui efficacia è comprovata dai dati scientifici. Se si pensa all’insorgenza del disturbo in giovane età e alla compromissione della qualità della vita, risulta chiara l’importanza che può avere un trattamento efficace. In questa direzione la ricerca fondata sulla pubblicazione di dati scientifici è concorde nel sostenere che la terapia farmacologica e la psicoterapia cognitivo comportamentale rappresentano gli interventi che garantiscono il maggior successo nella cura del DOC. E la psicoterapia cognitivo comportamentale è considerata dalle linee guida dall’ APA (American Psychiatric Association) il trattamento di prima scelta, con o senza associazione di farmaci.
In cosa si concretizza la terapia cognitivo-comportamentale del DOC?
La terapia cognitivo-comportamentale del disturbo ossessivo compulsivo si fonda su una serie strategie che mirano a ridurre sia la frequenza dei sintomi ( ossessioni e compulsioni) che a “ristrutturare” le disfunzioni cognitive e le vulnerabilità (clima familiare, esperienze significative, “credenze” etc.) che hanno determinato l’esordio e la cronicizzazione del problema. Recentemente, nell’ambito della psicoterapia cognitivo comportamentale di terza generazione sono stati implementati dei protocolli che utilizzano strategie di “Acceptance” tesi a favorire, attraverso l’utilizzo di metafore ed esercizi esperienziali, l’accettazione di pensieri ed emozioni che l’ossessivo abitualmente contrasta.
Si può guarire dal DOC? Quali sono i dati in termini percentuali?
Molto dipende della tempestività con cui ci si rivolge a uno specialista. Mediamente questo avviene dopo circa sette anni dall’insorgenza dei sintomi e, naturalmente, influenza il decorso.
Perché le persone che hanno questo disagio, impiegano così tanto tempo prima di chiedere aiuto?
Personalmente, credo che ci siano almeno due motivi che spiegano questo dato: il primo risiede nella natura stessa del disturbo e nella difficoltà della persona a parlare di cose cosi bizzarre e assurde delle quali si vergogna; in secondo luogo, anche tra i professionisti il disturbo è poco “compreso” ,quindi, anche se la persona è motivata non sa a chi rivolgersi.