di SUSANNA BENASSI L' Allegoria del trionfo di Venere e' un dipinto di Agnolo Bronzino (Agnolo di Cosimo di Mariano-Monticelli di Firenze 1503-Firenze 1572), fine pittore manierista, accreditato presso la corte di Cosimo I de'Medici come ritrattista, noto e apprezzato per lo stile elegante e armonioso del suo tratto.L'opera, commissionata da Cosimo I e dono destinato al Re Francesco I di Francia, ha come tema la raffigurazione dell'amore sensuale e della passione in tutte le sue più diverse e conseguenti sfaccettature.Si tratta di una costruzione concettuale complessa nella quale i significati s'incastrano l' uno dentro l'altro, come tante scatole cinesi. Bronzino non era uomo di particolare cultura, quindi si presuppone che l'architettura dell'allegoria sia stata concepita da altra più erudita mente della corte medicea. A causa della sua cripticita' il dipinto e' stato oggetto di numerose interpretazioni, soprattutto in relazione al senso simbolico attribuito ai personaggi orbitanti intorno alla protagonista: Venere. La dea, in primo piano, domina la scena; nuda e in atteggiamento voluttuoso stringe nella mano sinistra il pomo di Paride (che la designa come la più bella e desiderabile nel confronto con Minerva e Giunone),mentre bacia Amore (il figlio) che l'abbraccia e l'accarezza.Questa immagine eroticamente esplicita, (vagamente incestuosa), rappresenta il piacere fisico. Osservando più da vicino notiamo che ognuno di loro tenta di sottrarre, di nascosto, qualcosa all'altro: la Dea sfila la freccia di Amore e lui sta per rubarle la corona, forse a significare che nel rapporto amoroso c'è un dare e un prendere implicito, istintuale ed egoistico.Sul lato destro, l' amorino sorridente che sparge petali di rosa (fiore legato alla dea) raffigurerebbe il gioco, mentre, dietro di lui, la ragazza dal viso bellissimo, il corpo mostruoso e le mani scambiate (la destra si trova a sinistra e viceversa), simboleggerebbe la frode, la doppiezza, l'ambivalenza di gioia e dolore che il sentimento spesso produce.Sul lato sinistro, la donna che piange e grida con le mani tra i capelli incarnerebbe la gelosia, mentre l'altra sopra di lei sembrerebbe rappresentare la notte, complice degli amanti che nasconde e culla nel buio. Infine, in posizione dominante sullo sfondo, c'e' un vecchio uomo con una una clessidra poggiata sulla spalla: è il tempo che porta allo scoperto ogni aspetto dell'amore e pone fine all'idillio. Secondo altri, invece, il quadro d'insieme sarebbe la rappresentazione della bellezza che attrae e seduce, ma sfiorisce nel tempo. In quest'ottica la figura disperata non simboleggerebbe la gelosia, bensì la vecchiaia. Qui l'associazione mentale alla "Canzone di Bacco" (da "I Canti carnascialeschi" )di Lorenzo de Medici: "Quant'è bella giovinezza. che si fugge tuttavia! Chi vuol esser lieto, sia: del doman non c'è certezza", nasce spontanea anche se non ha niente a che vedere con il dipinto.Un atro particolare che acuti osservatori fanno notare è il fronteggiarsi di sguardi non proprio benevoli tra quella che viene identificata come la Notte e il Tempo. In effetti i due si osservano in cagnesco e pare che la Notte cerchi d'impedire al Tempo di togliere il velo. Questo ulteriore tassello esplicativo fa propendere per la prima interpretazione. Di certo, l'impatto visivo di questo capolavoro e' notevole: cromaticamente ipnotico, conturbante nelle immagini, enigmatico nei contenuti. Lo stile di Agnolo Bronzino, allievo prediletto di Pontorno, subisce marcati influssi michelangioleschi e leonardeschi. Le sue forme sono morbide e idealizzate,ma piuttosto fredde, i tratti precisi e i colori brillanti. I corpi, maschile e femminile, tendono a somigliarsi.Cupido infatti ha le stesse rotondità burrose di Venere. Il risultato e' un'opera pittorica dai contenuti espliciti, ma dall'atmosfera gentile, poetica che in qualche modo evoca la danza.
L'Allegoria del trionfo di Venere di Agnolo Bronzino (1540-1545 circa) e' conservato alla National Gallery di Londra.