di MICHELA BERTOLOZZI
E’ vero. Abbiamo avuto più tempo per stare con noi stessi, con i nostri compagni e i nostri figli. Costretti, ad un tratto, a modificare la scala delle nostre priorità quotidiane, abbiamo avuto più tempo per pensare, leggere, ascoltare musica: per uscire con la fantasia. Abbiamo scoperto la meschinità dietro la finestra dello spione di turno, ma anche l’umanità di chi, nonostante la lontananza, è riuscito a farsi sentire vicino. Abbiamo cucinato dolci e svuotato dispense. Ci siamo preoccupati per i nostri genitori anziani e per i nostri amici più cari. Abbiamo capito che, per quanto ci si ostini a tirar su muri e barriere, la natura può abbatterli in un istante, rendendoci tutti ugualmente vulnerabili, naufraghi allo sbando sulla stessa barca.
Ora, però, io non ne posso più di sentir dire che questo virus è venuto per farci riscoprire il valore delle cose semplici. Questo virus è un incubo che ci è piombato addosso, divorando non solo il nostro sonno ma addirittura la nostra vita, privandoci del nostro lavoro e della nostra libertà. Per ben due mesi siamo rimasti chiusi in casa a far finta di credere negli arcobaleni e a parlare con i nostri cari attraverso lo schermo triste di un telefonino o di un computer.
Credo che ora sia arrivato il momento di vincere le nostre paure, riprendere a lavorare e, soprattutto, di ricominciare, piano piano, a vivere. Ma non può considerarsi vita un’uscita in pizzeria a parlarsi attraverso uno schermo di plexiglass, né una passeggiata sulla spiaggia se si è intenti più a scansare gli altri che ad ammirare il mare.
Abbiamo bisogno che una politica meno mediocre ci prospetti un futuro non lontano in cui si possano rivedere i nostri bimbi ritornare dall’asilo con le manine impiastricciate di inchiostro e i grembiuli che profumano di salsa al pomodoro. Un futuro che sia perfino migliore del passato, perché, avendo fatto tesoro degli esperimenti del periodo dell’emergenza, si sarà scelto di investire nello sviluppo sostenibile, nel km zero, nel made in Italy, nelle auto a basso impatto ambientale, nello smart working, in modo che la natura possa continuare il proprio percorso di rinascita e l’aria che respiriamo diventi sempre più pulita. Un futuro che sia perfino migliore del passato, perché si sarà scelto di investire nella sanità, nella scuola e nella cultura: non può esserci libertà senza la salute, senza la conoscenza, senza l’arte e la bellezza.
Abbiamo bisogno di tornare ad ascoltare musica dal vivo e vedere bei film, sgranocchiando pop corn e patatine, mano nella mano, bocca sulla bocca.
Abbiamo bisogno di credere che presto tutto questo sarà di nuovo possibile e che “da queste profonde ferite usciranno farfalle libere”.