19 anni dopo restano i ricordi in scia alle parole, le foto, qualche video celato nei non dove dei nostri scrigni mentali. 19 anni dopo resta però soprattutto una certezza: Gino Belardinelli, marchigiano nel cuore e nell’animo – era nato a San Severino in provincia di Macerata – e che ha conosciuto la terra di Versilia nel crepuscolo della sua vita, era e resta una figura importante per chi lo ha conosciuto. Molto importante.
E per essere importanti per qualcuno non servono troppe parole, non sono necessarie azioni ostentate: spesso e’ sufficiente, un gesto, una condivisione silente.
Quando ho conosciuto Gino, nel 1987 a Jesi, rimasi sospeso fra imbarazzo e timore: avere di fronte un poliziotto, un uomo, come si usava dire, ‘ tutto di un pezzo’, un genitore molto attento e all’apparenza severo era combinazione micidiale per un “ irregolare “ felice della propria ‘ vaghezza ‘ quotidiana come il sottoscritto. Ma queste righe non parlano di me, ma di questo uomo che invece scoprii ben presto essere sostanza e sensibilita’, con una cultura significativa da autodidatta, con quella sfrenata passione – e qui scattò la simbiosi – per il suo Milan e per ogni genere di sport. Gino Belardinelli aveva la semplicità dei modi delle persone che sanno apprezzare il quotidiano, ancorate alla famiglia e al lavoro, che si accostava ai più giovani, durante turni sempre massacranti sulla strada, mai una volta imponendo la ‘logica della divisa’, ma anteponendo il dialogo, la persuasione, appunto il gesto.
Gino aveva ovviamente i suoi difetti, come del resto ognuno di noi e con quei difetti il suo intorno doveva provare a conviverci, a tollerarli, a comprenderli. Ma alla fine – e questo non e’invece prerogativa di ognuno di noi – emergevano i pregi: la generosità, il sapere fare un passo indietro lasciando ad altri la scena, la sottile ironia che è caratteristica delle persone intelligenti, il senso della famiglia e dell’amicizia.
Gino Belardinelli e’ morto il 19 gennaio 2002. Poche settimane prima di lasciarci guardammo una partita del Milan, insieme: davanti alla televisione a ‘soffrire’, come sempre.
Gino era già sfinito dal male, però quando segnammo il goal decisivo si alzò dalla sua poltrona e rimase lì in piedi con le braccia sollevate, malfermo sulle gambe, ma con quel sorriso che raccontava un brandello di felicità. E allora, vincendo ogni imbarazzo, ci abbracciammo. Quell’abbraccio e quel silenzio sono dentro me, fra i ricordi più belli. Anche 19 anni dopo. Perché con il tempo il ricordo sfiorisce nella dissolvenza, ma lascia una scia di consapevolezza: chi è stato importante per te, resta importante per sempre.
Ciao Gino e, ovviamente, sempre forza Milan. Ogni giorno.
lucabasile