PERSI 15 MILIONI DI EURO, CAUSA PANDEMIA, NELLA FLORICOLTURA VERSILIESE

Più luci che ombre per il florovivaismo toscano un anno dopo il primo lockdown. Il ritorno ai giardini e le frontiere aperte fanno sbocciare la primavera in serre e vivai ma il perdurare delle restrizioni per il settore cerimonie, fiere, battesimi, matrimoni dimezza la produzione di fiori recisi affondando le vendite. Esattamente un anno fa tonnellate di gerani, primule, petunie, viole, calle e i tulipani, arbusti e piante si avvicinavano all’inesorabile destino del macero. Nemmeno l’arrivo della bella stagione era riuscito nel miracolo di evitare perdite milionarie per il settore tra la disperazione delle imprese e dei lavoratori.

Il 2020 è stato l’anno peggiore di sempre per la floricoltura della Versilia che da solo vale 300 aziende e 9 mila addetti tra diretti ed indiretti per un fatturato stimato pre-Covid di circa 50 milioni di euro. Le perdite nell’anno della pandemia sono state di oltre 15 milioni di euro.

A fornire un bilancio a distanza di un anno dal lockdown sono Coldiretti Lucca e Affi, l’associazione floricoltori e fioristi italiani. Insieme Coldiretti e Affi hanno promosso, in più occasioni, l’acquisto dei fiori italiani per sostenere il settore nell’anno più nero. “La situazione generale – spiega Andrea Elmi, Presidente Coldiretti Lucca – è sicuramente migliorata. Un anno fa le frontiere erano chiuse, c’erano ritardi e difficoltà nei trasporti e nella vendita, le esportazioni erano quasi azzerate, il commercio al dettaglio paralizzato, i negozi chiusi e solo dopo il chiarimento del Governo, arrivato quasi venti giorni dopo la chiusura, la vendita di semi, fiori e piante è ripartita anche se molto lentamente. Non ci siamo quasi accorti della primavera e solo nel periodo di maggio giugno abbiamo ricominciato a prenderci cura di giardini, balconi ed orti. Le aziende si sono adattate alle nuove prospettive producendo di meno per contenere i costi. I ristori arrivati non sono sufficienti: copriranno forse il 5% del totale delle perdite. Per tornare i livelli pre-Covid ci vorranno due-tre anni di assoluta normalità”.

A spingere il settore sono le esportazioni, soprattutto per il settore dei fiori e piante in vaso, ed il ritorno alla cura di giardini ed balconi per il reciso sul fronte nazionale. Con l’arrivo della primavera quasi 1 italiano su 2 (45%) infatti prende in mano zappa e vanga dedicando parte del proprio tempo libero alla cura di verdure e ortaggi, piante e fiori, in vaso o nella terra negli orti, nei giardini e anche su balconi e terrazzi. “Il fiore reciso è il comparto che più ha sofferto perdendo fino al 90% del fatturato. Piano piano è ripartito ma siamo ancora lontani da un livello di sostenibilità. – spiega Cristiano Genovali, Presidente Affi – La cura di giardini, balconi ed orti domestici oltre che un passatempo salutare e sempre più diffuso aiuta il settore ma non può essere sufficiente. L’annullamento delle cerimonie ha un effetto a valanga sulle produzioni primaverili. La Versilia in questo senso è quella che soffre di più essendo specializzata proprio nella produzione di fiori recisi. Se non ripartono le cerimonie il sistema Versilia rischia il crack. Il futuro del florovivaismo è legato alla velocità di vaccinazione. Senza eventi e senza cerimonie il settore non riuscirà a sopravvivere ad un altro anno come l’ultimo”. Secondo Coldiretti e Affi è necessario aumentare la dotazione dei fondi destinati ai tavoli di filiera per favorire la “ricerca di nuove varietà da immettere sul mercato e soprattutto – conclude Genovali – alla comunicazione e promozione in modo da stimolare il mercato interno piegato prima dalla crisi economica ora anche dalla pandemia. Chiediamo pari dignità rispetto ad altri settori agricoli. I fondi destinati devono essere calibrati sulla base al reale peso economico del settore in riferimento al Pil agricolo nazionale”.

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Informazioni sull' Autore Luca Basile

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