di Susanna Benassi
L'ARTE DEL MISTERIOSO VERMEER
Sulla vita del pittore olandese Jan Vermeer (Delft 1632 – Delft, 15 dicembre 1675) si hanno ben poche notizie. Molte delle informazioni che lo riguardano sono frutto di ricerche e deduzioni ricavate da documentazioni storiche.
Era figlio di un tessitore di seta, mercante d'arte e locandiere, attività che ereditò alla morte del padre e mantenne attive in parallelo con quella di pittore. Nel 1653 sposò Catherina Bolnes proveniente da una famiglia facoltosa la cui ricchezza e posizione sociale gli permise di ottenere commissioni artistiche importanti e di farsi conoscere come artista. La sua produzione fu molto limitata, sono circa quaranta le opere che gli vengono attribuite e il motivo è forse da ricercare nella meticolosità che impiegava in ogni realizzazione pittorica. La caratteristica vermeeriana è l'effetto "immagine fotografica". Si sostiene che utilizzasse addirittura lo strumento della "camera oscura" per riprodurre sulla tela oggetti e soggetti nella loro posizione più' naturale. I suoi lavori sono rappresentazioni fedeli della realtà, semplici scatti che hanno come fine di mostrare la forma così com'è senza scomodare troppo i sentimenti o i tumulti interiori. La grandezza della sua opera, portata alla ribalta delle cronache con una rivalutazione tardiva, risiede proprio nella scelta di rappresentare il "vero", tanto che i luoghi, gli ambienti e i personaggi ritratti non paiono dipinti, ma fotografati per mezzo di una tecnica tutta personale che incrocia colore di alta qualità e luce. La doppia valenza di fedele rappresentazione storica della borghesia olandese del XVII secolo e lo straordinario talento tecnico pittorico è alla base della giusta fama attribuita all'artista, molto apprezzato da Marcel Proust che lo cita più volte nel suo capolavoro "La Recherche" e in particolare ne "La Prigioniera” dove lo scrittore Bergotte muore mentre ammira "La veduta di Delft" esposta al Museo dall’Aia.
La sua opera più conosciuta al grande pubblico è: "La ragazza col turbante", meglio nota come "La ragazza con l'orecchino di perla" che ha ispirato il romanzo di Tracy Chevalier del 1999 dal quale, nel 2003, è stato tratto il film omonimo interpretato da Scarlett Johansson. La tela ritrae una giovane donna di umili condizioni che sembra essersi appena voltata, come richiamata da qualcuno armato di macchina fotografica pronto a immortalare l'attimo. Indossa un turbante di un blu intenso e un grande orecchino di perle pende dal suo orecchio sinistro. La luce entra da sinistra ponendo in evidenza i tratti rotondi del viso, la bocca scarlatta, il contrasto della stoffa dai toni vivaci con quello chiaro e roseo della pelle, ma soprattutto colpisce e rimbalza sulla rotondità della perla rendendola protagonista assoluta di tutta la composizione. L'intera immagine appare "scontornata" in rilievo su un fondo scuro, proprio come in una foto scattata all’interno di un ambiente chiuso in cui la luce filtra solo da un lato.
"La ragazza col turbante" si trova al Museo Mauritshuis di Aia.