Di Nicola Giannaccini
A due passi dal litorale di Marina di Pietrasanta e dalla Versiliana, si trova “LABottega”. Un locale dalla duplice anima che ha fatto dell'arte – sia essa culinaria o fotografica – il suo cavallo di battaglia. Anche se è collocata fuori dalle mura cittadine di Pietrasanta, si tratta di una realtà che rispecchia la Versilia delle tradizioni e degli artisti, in totale sintonia con lo stesso spirito della Piccola Atene. A gestire l'attività, insieme alla famiglia, ci pensa Serena Del Soldato. Una ragazza giovane e dinamica che – oltre ad ospitare mostre fotografiche di interesse internazionale nelle sue sale – ha trasformato questo angolo di Marina di Pietrasanta in un vero e proprio polo culturale. Basti pensare che in questo spazio sono passate, per esposizioni o incontri, diverse grandi personalità. Una tra tutte, Francesco Zanot, noto critico fotografico nonché direttore del master universitario in “Photography and Visual Design”, organizzato dalla Nuova Accademia di Belle Arti di Milano e dalla Forma, la Fondazione per la Fotografia. Ma il clima che si respira non è di certo elitario, tanto che per questi mesi primaverili sono stati organizzati corsi fotografici, più o meno avanzati, con lo scopo di coinvolgere tutte quelle persone che vogliono avvicinarsi a questo mondo.
Serena, una storia centenaria quella de “LABottega”. Ma com'è nata e qual è stato il suo cambiamento nel corso degli anni?
Nel 1920, proprio nel luogo dove si trova l'attuale bottega, i miei nonni aprirono uno spaccio. A quei tempi vendevano un po' di tutto: dalla farina ai salumi, fino – in date più recenti – alla benzina. Ma negli anni '50 il locale cambiò volto, diventando un negozio di alimentari. Del resto proprio in quel periodo mio nonno Titano Bonci si sposò, e il matrimonio contribuì al rinnovamento di quella realtà che sarebbe proseguita ancora per parecchi decenni. Ma nel 1998, lo stesso Bonci venne a mancare, e di conseguenza la rivendita fu chiusa.
C'è stato un nuovo inizio dunque?
Quattro anni fa, nella mia mente, incominciò a prendere forma un sogno. Desideravo aprire un esercizio che avesse a che vedere con la fotografia, ma allo stesso tempo comprendevo che un progetto del genere sarebbe stato quasi utopico. Allora, d'accordo con i miei genitori, presi in considerazione la possibilità di riaprire i vecchi cancelli di quell'attività che per molti anni era stata la vita di mio nonno, riprendendo, da un lato, la tradizionale identità del negozio e portando, dall'altro, nuove idee. Così nel 2011 fu inaugurato il nuovo locale, basato ancora sulla cucina tradizionale, ma anche sulla mia grande passione, la fotografia.
Quindi il nome “LABottega” è una novità di questa ripartenza? Di che genere di locale si tratta?
La scelta del nome non fu facile e, per diverso tempo, pensammo a come poter battezzare il nuovo ambiente. Poi arrivò l'idea: “LABottega”. Un appellativo dal duplice significato che riesce a descrivere perfettamente la doppia anima del nostro esercizio, richiamando sia le antiche botteghe dei maestri artigiani, che i negozi di alimentari tipici del territorio versiliese. Di fatto, nello stesso complesso, le sale ed i laboratori fotografici convivono con il ristorante, che mette in tavola prodotti tradizionali di alta qualità. È importante, però, che le due attività vivano separate: non rientrerebbe nello stile del progetto organizzare mostre all'interno delle sale dove le persone degustano i nostri piatti.
Qual è il rapporto della bottega con Pietrasanta e, più in generale, con il territorio?
La vicinanza a Pietrasanta è fondamentale perché la cittadina versiliese richiama artisti da ogni dove. Allo stesso tempo, però, il fatto che “LABottega” si trovi fuori dal centro storico è un vantaggio: questa nostra posizione (viale Apua), decentrata rispetto ai centri culturali, permette ai visitatori di godersi in maniera più rilassata le mostre che organizziamo. Spesso le persone si imbattono quasi per caso nel nostro locale, magari passando da questa via per raggiungere il mare e riescono a visitare le sale in un clima ben differente da quello solenne tipico delle gallerie d'arte.
“LABottega”, in linea con il suo spirito, alterna mostre fotografiche dal respiro internazionale a corsi per persone che vogliono avvicinarsi o conoscere meglio il mondo della fotografia. Com'è possibile?
Il nostro ambiente, che si pone sia come galleria che come ristorante, è anzitutto un percorso. Spesso i clienti, dopo aver assaporato le nostre ricette, finiscono a vedere le mostre da noi organizzate, e questo rientra proprio nella nostra concezione. Vogliamo infatti che ogni esposizione riesca a coinvolgere persone di ogni età, dai bambini fino ai più anziani. Ciò dimostra che la fotografia è un viaggio educativo a cui possono e devono prendere parte sia persone esperte che semplici curiosi. Ecco anche svelato il perché dell'alternare periodi di lezione a rassegne fotografiche.
Ci parli dei diversi corsi di fotografia.
Si va dal corso base a quello avanzato, passando per il fotoritocco, il laboratorio di camera oscura e il flash in studio. Per ogni insegnamento sono previste da un minimo di 5 ad un massimo di 8 lezioni serali, alla fine delle quali viene rilasciato un attestato di frequenza. Il tutto si svolge in un ambiente costruttivo, in una realtà che va ad essere un polo di confronto oltre che ad un luogo di studio. Gli iscritti ai vari corsi diventano parte di un gruppo fatto di appassionati e fotografi esperti che ruota attorno al locale e che, oltre a rappresentare un importante riferimento culturale, non manca di dare una mano a chiunque ne abbia bisogno. Se c'è la necessità di avere un consiglio per uno scatto, noi siamo qua. È come se i partecipanti facessero una passeggiata con i loro maestri: questa è la nostra idea di percorso educativo.
Dallo sviluppo in camera oscura al digitale. Esiste lo scatto perfetto? E può la fotografia farsi portavoce di un messaggio sociale?
Esiste un'ottima foto, ma non quella perfetta. Gli scatti migliori sono quelli che riescono a comunicare sia emozioni che notizie. Basta dire, per fare un esempio, che un'immagine è in grado di trasmettere felicità, anche se ritrae una giornata grigia. Per quanto riguarda la funzione sociale, non vi è alcun dubbio: la fotografia può e deve comunicare.
Salutiamoci parlando dei progetti futuri, in un periodo in cui la crisi economica ancora non accenna ad esaurirsi.
Il locale è stato riaperto in tempo di crisi e non ne è passato totalmente indenne. La fotografia è diventata ancor meno vendibile, e bisogna considerare che i livelli di commercio in questo settore erano già molto ridotti. Nonostante le difficoltà tuttavia, quello de “LABottega” è un progetto in continua evoluzione e, tanto è l'entusiasmo, che vogliamo affrontare la situazione in maniera positiva: veder crescere questa realtà ci fa grande piacere. Nuovi progetti? Lo scorso 5 aprile abbiamo inaugurato la stagione estiva del ristorante, che si affiancherà alle diverse mostre in programma. Questi giorni, poi, sono molto intensi: nelle nostre sale è in corso “Sentinelles”, l'esposizione del noto fotografo francese Nicolas Mingasson, e nel frattempo siamo presenti con uno stand riservato a Giovanni Presutti al “MIA – Milan Image Art Fair”, la fiera internazionale d'arte dedicata alla fotografia.