Questo ricordo è dedicato a Irene Babboni che di noi tutti era la più sensibile e la più preparata tanto da avere poi un ruolo importante nella casa editrice Einaudi.
Ma è dedicato anche al mio amico Pietro Lazzerini e a tutti coloro che condivisero quel pomeriggio e quel periodo.
ANTEFATTO
Agli albori degli anni ‘90 partecipai con un mio racconto, “ Il Boia” ad un concorso al Salone del libro di Torino. Quel racconto vinse il primo premio che consisteva in una pubblicazione. Nel 1992 uscì nelle librerie “ Creature Velenose”, una raccolta di racconti a mia firma. Tiratura: 1000 copie. Tutte esaurite nel breve volgere di pochi mesi. Si parlo’ di ristampa: non se ne fece niente, ma questa è un’altra storia che non interessa a nessuno.
Presentai ‘ Creature Velenose’ un po’ ovunque: sale istituzionali e bar, librerie, cinema e sedi di associazioni. Mi invitavano e andavo. Questo è il resoconto, surreale, di uno di questi appuntamenti: andò in scena all’università delle terza età di Camaiore.
RICORDO
Inverno 1992
Il giornalista Federico Bilotto organizza la presentazione del mio libro nella sede dell’Università della terza età di Camaiore. Si parte con una sola macchina, da Pietrasanta, carica di libri. Macchina dove si sistemano in qualche modo Pietro Lazzerini – titolare allora di un’edicola-libreria, ma per l’occasione nelle vesti, così si definiva, di operatore culturale -, Irene, mia mamma Eufemia, la mamma di Pietro – Enrica – e il sottoscritto. Arriviamo a Camaiore, entriamo nella sala incontri, decisamente affollata, ci accomodiamo. E Bilotto introduce la presentazione.
In realtà l’Universita’ della terza età non risponde al contesto ideale per ‘ Creature Velenose ‘: in quei racconti la metafora dalla violenza, la rabbia, il paradosso ironico che porta all’estremo taluni personaggi lo rendono non proprio lettura per ‘ tutti, ma proprio per tutti ’ come invece azzarda Bilotto. Ma tant’è…
Ad un certo punto, mentre svelo o provo a svelare alcuni aspetti de “ Il Boia”, una persona fra il pubblico, con il libro fra le mani, si alza in piedi e mi interrompe.
“ Perché lei utilizza il termine ‘ donna’, in uno dei suoi racconti, in modo dispregiativo?”.
Le rispondo che non mi risulta, ma non faccio in tempo ad aggiungere altro che sventola il libro, alza la voce e grida che devo rispettare le donne. Eppure del riferimento sprezzante non c’è menzione. Bilotto sussurra, “ ci penso io, tranquili”: prova così a fare da paciere, ma viene zittito. Poi è il turno di Pietro che suggerisce alla signora che forse, ha frainteso. L’effetto delle sue parole e’ però devastante: si alzano in 5 o 6. Donne e uomini. Grida, qualche parolaccia, modi alterati.
È oramai un’onda e non si capisce più niente: altre persone si alzano in piedi e cominciano a litigare fra loro. C’è chi ci difende, chi ci insulta, chi mi offre un bicchiere di vino, chi mette la musica, chi prende il microfono per sottolineare la mia versione che per altro non coincide affatto con il mio pensiero -, chi ancora tira per un braccio Pietro.
Poi si alza mia mamma, che proprio fra le più diplomatiche non è buttandosi
nella mischia. Io e Pietro, di fronte al caos ingestibile della sala, ci guardiamo e cominciamo a ridere. Sai quel ridere che non riesci più a fermarti? Ecco, quello. Ma che sta succedendo? Bilotto è’ stravolto, Irene spiega con calma e parole appropriate il senso del mio racconto dove è il genere maschile, in realtà, ad uscirne devastato. Ma è tardi, c’è poco da fare: non c’è più un pubblico, ma ci sono quasi 50 persone che litigano fra loro e non si sa su cosa.
Se fosse stato una partita di calcio si parlerebbe di incontro sospeso causa scontri fra il pubblico.
Presentazione quindi sospesa, il referente dell’Università si giustifica, mia mamma litiga, Pietro viene sempre tirato per un braccio, Bilotto raccoglie trafelato i libri e li ripone in una scatola, io vengo inseguito dalla signora che ha innescato il tutto ed e’ oramai fuori controllo: insiste a chiedere spiegazioni e io le dico che ha sbagliato libro, racconto e autore. E questo mio dire la innervosisce ancora di più.
Quando siamo davanti all’uscita sento una voce urlare, “ attenti!!”.
Riusciamo ad evitare non so come tre
libri svolazzanti ad altezza delle nostre teste gettate da qualche mano ignota. Ricevuto: è tempo di andare mentre due universitari si prendono a spintoni. Allora Pietro si mette nel mezzo, cerca anche lui di fare da paciere e finisce per prendersi una sequenza in salsa paesana di vari insulti.
Una volta fuori e distanti io e Pietro torniamo a ridere e a non riuscire a parlare mentre gli altri, in macchina, si agitano. Provano a capire.
Qualche giorno dopo Bilotto, ancora sconvolto, venne contattato dall’Universita’ della terza età: oltre alle scuse aggiunsero che la signora che aveva parlato dei toni dispregiativi riferiti alle donne si era confusa con un altro libro, un altro racconto e un altro autore.
“ Tornate a presentare Creature Velenose, siete i benvenuti ‘ aggiunsero.
La mia risposta fu ‘ no, grazie’. Ma non per rivalsa, timore di non sai cosa o altro. Dissi no perché quel pomeriggio, con il suo divenire veramente surreale, doveva restare tale nella nostra memoria. E non intendevo ‘ ammaccarlo’ con un seguito.
Volevo continuare a ricordarlo a distanza di anni così come facciamo, ricominciando a ridere, io e Pietro, ancora oggi.
E così come sorriderà Irene: ovunque tu sia, cara amica.
lucabasile